Cosa ci insegna Il Circo della Farfalla. Un film che parla a ciascuno di noi: genitori, educatori, ragazzi.

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Il Circo della Farfalla, parla alla pancia, stringe, strappa e alla fine ricuce nuove ali, per volare più in alto e poi le regala a ciascuno di noi.

 

Un grande insegnante, propose nei primi giorni di scuola, ad una classe di seconda media, la visione di questo breve film indipendente del 2009.

Immagino lo conosciate già, ma vale la pena rivederlo perchè  Il Circo della Farfalla solleva così tanti temi educativi di valore, che sembra parlare non solo a tutti noi, ma anche e soprattutto di ciascuno di noi. 

 

 

 Quali emozioni suscita Il circo della Farfalla.

 

 

Il film mostra e suscita tutta una serie di emozioni. 

All’inizio della storia, il tema che colpisce subito, come un pugno allo stomaco, è quello della povertà emotiva e del conformismo.

Quali problemi hanno le persone che deridono Will esposto come un fenomeno da baraccone? Che emozioni vivono i bambini che lanciano i pomodori? Possono essere considerati bulli?

Perché in quel gruppo di spettatori nessuno, a parte Mr. Mendez, sceglie di fare un passo indietro e uscire da quello schema?

Viene da pensare che nessuno farebbe gesti simili deliberatamente, nessuno dei nostri bambini, nessuno di noi adulti.

 

Eppure le scene che seguono, quando viene descritta la storia della trasformazione nella vita dei vari artisti, sono piene di testimoni muti, che non solo assistono alle cadute, ma addirittura contribuiscono a provocarle.

 

Ma a noi quali emozioni suscita il film? Indignazione, compassione, repulsione, sofferenza, ogni persona con cui mi sono confrontata, ha descritto sfumature diverse, ma credo che se questo tema ci sollecita o ci tocca profondamente, è perché la storia della diversità di Will non è poi così remota.

 

Ognuno di noi, e i nostri bambini e bambine non fanno eccezione, si porta dentro i segni di qualche ferita che la vita ci ha lasciato. Nessuno è immune, normale o perfetto, e se pensiamo di esserlo, abbiamo un grande lavoro da fare per toglierci dalla testa questa idea.

 

La diversità degli altri non è che un’altra faccia della nostra stessa medaglia.

 

Per questo, come educatori, ci è chiesto di essere la mano che ferma il pomodoro e di essere adulti, capaci di educare lo sguardo dei nostri bambini allo stupore dell’incontro con l’altro, chiunque esso sia.

Solo mostrando col l'esempio, come fare questo scatto, può salvarci dalla povertà emotiva e dal conformismo educativo.

 

 

Diversità: una sfida per grandi e piccini. Essere diversi vs essere unici.

 

 

A scuola ogni giorno constato che ognuno, adulti, bambini e bambine, è diverso ma non solo, la parola normalità è così inadatta per definire qualcuno, che mi sembra inopportuno perfino utilizzarla.

 

La diversità è l’unica cosa che mi sento di considerare normale.

 

Ogni bambino ha la propria storia, cammina con le proprie gambe, lunghe o corte che siano, veloci o lente, belle o brutte, sane o malate e lo stesso vale per le capacità cognitive, per i punti di forza che lo sospingono, per le zavorre che lo trattengono.

 

Tutto in noi contribuisce a renderci unici, certo fare parte dell’1% che ha una caratteristica, qualsiasi essa sia, non è per nulla facile.

 

Non è facile guardarsi intorno e non potersi rispecchiare negli altri che ci circondano, solo perché qualcosa, in tutto ciò che siamo, ci contraddistingue, e farlo è ancor più difficile quando si è piccoli o giovani. A me è servito molto tempo per riuscire a comprendere che la mia parte di 1 % è una risorsa e non una calamità.

 

Poco o tanto, tutti abbiamo questo percorso da fare, lavorare per fare del nostro 1% la risorsa che ci rende unici e capaci di superare i nostri limiti.

 

E’ complicato, intricato, appiccicoso perché spesso il nostro 1% si mescola con quello dei nostri bambini e bambine, ma va fatto.

Solo questo lavoro ci aiuterà a rispondere quando qualcuno ci chiederà con le parole del film: dove sono le tue braccia?

 

Quello che gli altri pensano ci tocca, ma ancor più importante è rispondere alla domanda che Mr. Mendez fa a Will:

gli altri pensano che Dio ti abbia abbandonato, ma cos’è quello che credi tu?

 

Dentro c’è davvero tanto, anche una buona riflessione per chi è stato qualche volta bullo o per chi scorge questi tratti nei propri bambini.

 

Educare significa sempre e comunque prendere posizione, vale tanto quello che facciamo, quanto quello che non facciamo. A volte basta semplicemente non girare lo sguardo e dire con chiarezza: qui non abbiamo fenomeni da baraccone!

 

 

Come aiutare i figli ad essere felici.

 

 

Anche questo tema è profondo, intenso, disarmante.

Quando si diventa genitori, il legame che si crea con i propri figli è talmente profondo da andare oltre noi stessi.

Dentro quel rapporto intenso, si vorrebbero convogliare tutte le risorse che abbiamo a disposizione, per renderle disponibili ai nostri figli.

Vorremmo fornire loro tutto il nostro amore, insieme a tutta la nostra esperienza, la nostra forza, la nostra ricchezza e così via. Vorremmo, in sostanza, impedire in questo modo che la vita possa ferirli.

Se vi riconoscete dentro questa dinamica siete tra quei genitori splendidi, che danno tutto ai loro bambini e bambine, soprattutto in termini di tempo, attenzione, risorse emotive, affettive, relazionali.

E’ una dinamica molto bella e forte ma dobbiamo porre attenzione, per evitare che ad un certo punto si trasformi in un impedimento, per i nostri bambini e per noi.

 

 La scena epica dell’attraversamento del tronco, quando Will chiede aiuto e si commisera per non essere capace di fare da solo, dovremmo scolpirla nel nostro cuore, ancor prima che nella nostra mente.

 

In quello spazio di lontananza che i compagni gli offrono, in quel breve momento di solitudine, Will trova il modo di mettersi alla prova, lo fa suo malgrado ma proprio lì dentro, cadendo, rischiando, quasi annegando, scopre qualcosa di sé che altrimenti non avrebbe mai potuto indagare.

 

Alla fine è lì dentro: nell’avere la possibilità di mettersi alla prova, nel rischiare, nel tribolare, nel faticare, nello strepitare che il fare da soli a volte richiede, che si apre lo spazio al trionfo. Sono capace di nuotare! Nessuno mai avrebbe potuto farglielo scoprire, se non un passo indietro, di chi gli era vicino.

 

Questo vale anche per i nostri figli, come aiutarli ad essere felici? Costruendo a poco a poco quella distanza emotiva che concede lo spazio alla libertà di fare, essere, scoprire.

 

A noi genitori, più volte ed in momenti e modi diversi, è richiesto questo piccolo passo indietro, per lasciare ai figli lo spazio per fare un grande passo avanti: scoprire i propri limiti e lavorare alacremente per superarli.

Costa fatica?

 

Si tanta, forse più a noi che a loro. Ma senza quella benedetta fatica, lasceremo che non si possano mai misurare davvero con sé stessi e con la vita e questo impedisce alle passioni e ai desideri ardenti di crescere. Desideri non di cose o possesso, desideri di costruirsi per quanto di meglio siamo chiamati a fare ed essere.

 

 

Quindi cosa si intende con educazione?

 

 

 Per educazione si intende quel cammino complesso e articolato che, dura tutta la vita e ci porta a costruirci e soprattutto a scoprirci capaci.

 

Credo che l’educazione chiami tutti, genitori, educatori e ragazzi ad un cammino continuo in questa direzione: crescere insieme per scoprire, faticando e poi godendo, tutte le cose meravigliose di cui siamo capaci. Tutti senza distinzione. 

Dobbiamo ai nostri figli, questo spazio di libertà.

 

Tutti siamo bellezza che può nascere dalle ceneri, siamo percorso impegnativo o difficile, siamo libertà sprecata, occasioni perse, errori compiuti, fatiche piccole e grandi, siamo abbracci mancati o soffocanti.

 

Mr. Mendez dice a Will: più grande è la lotta, più glorioso il trionfo. E non c’è niente di più vero, educare ed educarci è una lotta quotidiana, da cui spesso usciamo sconfitti ma per cui non dobbiamo smettere di aspettarci anche un trionfo.

 

E’ alla fine, quando il bimbo con le stampelle si avvicina a Will per abbracciarlo, che si comprende come ognuno abbia una parte di lavoro da fare, di cui magari non comprende il senso, ma che è sotto gli occhi di tutti e può fare davvero la differenza.

 

La farfalla chiusa nel bozzolo, sembra morta e suscita una domanda: ma è veramente tutto finito?  Capiterà prima o poi di porsela nel corso del cammino di crescita nostro e dei nostri figli...

 

Poi la risposta, straordinaria, quelle ali che si dispiegano e riescono a volare proprio perché le mani, su cui si sono posate, sono aperte e non chiuse.

 

Sull'autonomia leggi anche: Inserimento alla scuola dell'infanzia e autonomia. Cinque cose da fare insieme ai bambini.

Sulle emozioni leggi anche:Aiutare i bambini a dare un nome alle emozioni.

 

                                                                                                                                                                              Designed by Freepik

Cristina Vitali
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