Rischio burnout e scuola: cercare di evitarlo imparando dai bambini.

Rischio burnout e scuola: cercare di evitarlo imparando dai bambini.

Tre strategie e modi di vedere le cose, che ho imparato dai bambini in questo ultimo anno passato insieme.

 

 

 

Come uscire dalla fatica di insegnare.

 

 

 

 

Credo che ognuno abbia la propria personale idea di burnout o più semplicemente di fatica.

 

Il percorso di tutti gli insegnanti è impegnativo e, talvolta, irto di difficoltà e non serve che mi metta ad analizzarle, tutti sappiamo di cosa sto parlando: stanchezza, incomprensioni, ripetitività, burocrazia, impossibilità di crescere professionalmente e fare carriera, difficoltà di comunicazione con le famiglie e qualche volta anche con alunni, colleghi e dirigenti, stipendi non adeguati.

 

Alcune di queste cose fanno parte della quotidianità di molti insegnanti, certo non di tutti e certo non sempre ma spesso, con il passare degli anni, la fatica di portare avanti tematiche sempre uguali, in modalità poco stimolanti, porta ad adagiarsi e a sentire le nuove generazioni sempre più distanti.

 

Moltissimi docenti vivono questa situazione in silenzio, la portano dentro con fatica, ritenendola immodificabile e questo fa davvero male e nel tempo logora.

 

Logora le risorse, le energie, l’entusiasmo, la passione, logora il benessere, la voglia di innovare e di crescere.

 

Non per tutti è così, esistono infatti anche docenti che da tanti anni ripetono gli stessi processi e le stesse proposte senza porsi domande e senza battere ciglio: si è sempre fatto così… cos’altro serve?

 

Un mondo complesso dunque, con cui anche la mia sensibilità ha dovuto fare i conti.

 

Mi sono trovata anch’io, dopo molti anni di lavoro, a chiedermi se la scuola fosse ancora ciò che volevo fare.

 

Il rapporto con i miei alunni è sempre stato stimolante e positivo, ma molto di ciò che faceva da cornice a questo, cominciava a sembrarmi faticoso e a tratti inutile, sentivo il bisogno di cambiare, di migliorare, di esprimere le risorse che, negli anni, erano silenziosamente cresciute ma rimaste inespresse.

 

Poi ho vissuto una svolta e questo anno scolastico è riuscito ad essere il più bello e gratificante di tutta la mia carriera di insegnante

grazie ad alcune strategie e ai cambiamenti che ho messo in atto.

 

 

 

 

3 modi strategici di guardare alla scuola.

 

 

 

 

Queste tre caratteristiche dei bambini e delle bambine, sono modi di vedere il mondo e possono diventare strategie da copiare anche per noi insegnanti, permettendoci di imparare dai nostri alunni.

 

 

 

Lo sguardo nuovo su tutte le cose, dei bambini e delle bambine.

 

 

 

 

Chiunque sia diventato genitore o abbia avuto a che fare con bambini al di sotto dei 6 anni di età, sa come per loro tutto sia nuovo.

 

Guardano il mondo, le esperienze, le relazioni con uno sguardo curioso e carico di aspettative.

 

 Vivono le loro giornate intensamente e con grande entusiasmo, si lasciano coinvolgere e ogni proposta è per loro qualcosa di nuovo, che insegna, rinnova e riaggiusta costantemente, quanto già scoperto ed appreso.

 

Si dice che i bambini e le bambine, quando nascono facciano il mondo nuovo, semplicemente con il loro esserci e questo ricade anche sugli adulti che li accompagnano.

 

Il primo sorriso, le prime parole, i primi passi ma anche la prima nevicata, il primo giorno di scuola, la prima amicizia, il primo amore, tutte le prime volte di un bimbo, sono anche le prime volte di qualcuno che fa parte della sua vita.

 

Noi insegnanti in questo siamo dei privilegiati: condividiamo quotidianamente conquiste e scoperte dei nostri alunni, assistiamo al loro entusiasmo quando apprendono qualcosa di nuovo, alla loro crescita umana ed emotiva, al venire alla luce di ciò che sono per natura e che un giorno ne farà uomini e donne con determinate caratteristiche, qualità e capacità.

 

Allo stesso tempo però, nei periodi di grande fatica e stanchezza per un insegnante, lo stare a scuola corrisponde anche alla sensazione di aver già visto, vissuto, sperimentato tutto e quindi nulla è nuovo, fresco, significativo.

 

 Temi già trattati, parole ripetute, difficoltà già affrontate e magari non risolte, rapporti difficili e sempre uguali, tutto suona come già provato.

 

E’ in questi momenti che recuperare la capacità di avere uno sguardo nuovo sulle cose e sulle situazioni, può aiutarci a ritrovare il benessere e la direzione verso cui lavorare, ma per farlo spesso è necessario operare un cambiamento di rotta, come dire, compiere una rotazione di 360°, che ci rimetta in gioco.

 

Riscoprire la qualità della relazione con gli alunni, condividendo con loro momenti significativi e piacevoli, di crescita, di scoperta, di riflessione e farlo all’insegna di metodologie e tematiche nuove e da sperimentare per noi e per loro, per il nostro benessere e per il loro star bene nella relazione educativa.

 

 

 

 

Il desiderio e la gioia di apprendere dei bambini e delle bambine.

 

 

 

 

Un'altra cosa che ho imparato dai miei bambini nel corso di questo anno scolastico è stata la capacità di gioire per tutto quanto imparato.

 

A volte capita che l’apprendimento arrivi sulle ali leggere di una ricchezza che chiede solo di essere scoperta, altre volte che venga con la fatica di tentativi non riusciti e di ripetizioni faticose.

 

Sempre però, quando scoprono qualcosa di nuovo o quando riescono in qualcosa che prima risultava difficile, sempre dicevamo, i bambini e le bambine, sanno gioire e celebrare i loro risultati.

 

Lo fanno e condividono con chi è loro vicino, la gioia di aver acquistato una nuova competenza e con essa un piccolo pezzo di libertà in più, che li rende più grandi e capaci.

 

Come insegnate credo di aver avuto un grande privilegio, quello di rendermi conto che ogni volta che insieme, io e i bambini, scopriamo qualcosa di nuovo, sperimentando, giocando, tentando di trovare una strada, a volte riuscendoci, altre volte no, bene ogni volta che lo facciamo insieme, scatta qualcosa di magico, che ci fa stare bene.

 

E’ quel qualcosa che mi da la carica e l’entusiasmo per fare ricerca e proporre attività sempre nuove, è quel qualcosa che mi aiuta a non annoiarmi dopo tanti anni, è quel qualcosa che ha scatenato l’aspettativa di riuscire a vivere sempre nuove esperienze insieme e quando mi chiedono con il sorriso negli occhi: maestra cosa facciamo oggi?

Mi sento bene, molto più di quando proponevo attività stereotipate e noiose.

 

Provare insieme, a dare un nuovo significato alla quotidianità: uscire dai vecchi schemi delle solite lezioni frontali, per la scuola dell’infanzia, dei disegni tutti uguali, delle fotocopie, della banalità e dell’idea che tanto sono piccoli… credo possa farci tanto bene e rendere più fresco, un lavoro faticoso come il nostro.

 

 

 

 

La libertà dei più piccoli, di stare davanti all’altro per come si è.

 

 

 

 

I bambini e le bambine, lo sappiamo bene, sono liberi, senza filtri, senza falsità, esprimono con chiarezza i loro sentimenti e le loro emozioni e questo, se pur faticoso a volte, è per gli adulti uno stimolo a ritrovare una capacità che spesso hanno perso e di cui però, possono riappropriarsi.

 

Ritornare ad essere spontanei non è semplice, ma è profondamente terapeutico.

Per me, la riscoperta della spontaneità, è stata ritornare ad intendere il lavoro in modo creativo.

 

Questa azione consapevole, porta benessere, ci rende capaci di essere più determinati a far valere il nostro punto di vista e ci offre una nuova libertà: quella che caratterizza i bambini e le bambine, che sono sé stessi sempre e comunque, con tutto il loro bagaglio.

 

Certo è necessario che ognuno trovi la propria strada e che ciascuno ricerchi ciò che va davvero bene per lui/lei e per i suoi alunni, grandi o piccoli che siano, in quel preciso momento del percorso e in quella determinata classe e situazione.

 

Troppe volte come insegnanti siamo chiamati a rispondere a richieste più grandi di noi, ci viene chiesto di essere tuttologi, esperti di mille differenti specialità, non ultima quella di sostenere relazioni sempre e comunque positive.

 

Questo costante impegno, questo sforzo, porta qualcuno ad essere irrealisticamente perfezionista e qualcun altro a nascondere la fatica, logorando nel tempo le risorse emotive e relazionali.

 

Per me la creatività è stata lo strumento per arrivare a definire più chiaramente il mio stile e le mie istanze.

 

Non tutto mi piace e non tutti i modi di proporre un tema fanno per me, ora che lo so, sono diventata capace di affermarlo e mi sento molto più libera e determinata a sostenere e motivare il mio stile educativo.

 

Ciò che non è creativo mi impoverisce e mi logora, prima ancora che stancare i bambini e le bambine, saperlo e riuscire a condividerlo mi fa stare bene.

 

La ricerca in questa direzione è senz’altro personale ma credo che ciascuno di noi abbia ambiti in cui può migliorare la propria consapevolezza e la comunicazione.

 

Sono trascorsi quasi due anni, da quando è nata l’idea di questo blog e un anno e mezzo da quando ho pubblicato i miei primi articoli e se dovessi tirare qualche somma, credo di poter raccontare come la creatività abbia cambiato al 100% in meglio, il mio lavoro a scuola.

 

Quella di scrivere è stata un’esperienza che, dopo tanti anni, mi ha aperto ad un nuovo modo di intendere il mio lavoro, ha ruotato di 360° la mia prospettiva e mi ha regalato tantissimo.

 

La fatica fisica e mentale, fa parte del lavoro di insegnare ed è fisiologica, soprattutto quando l’età aumenta, il burnout è invece è una situazione di malessere che va affrontata e curata in modo serio e olistico, prendendosi cioè cura di sé sotto molti aspetti, facendosi aiutare se serve e cercando di trovare un nuovo equilibrio.

 

I miei sono piccoli suggerimenti e non andranno certo bene per tutti, ma vogliono essere semplicemente il racconto del mio percorso e di cosa ha fatto stare bene me e i miei bambini e bambine.

 

 

Sul tema leggi anche: La fatica di insegnare. Cosa direbbe una maestra esperta ad una giovane insegnante.

 

 

                                                                                                                                                                                Designed by Freepik

Cristina Vitali
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